Nutrire più bocche, garantire un’alimentazione equilibrata per tutti, rispettare l’ambiente: le sfide dell’agricoltura del futuro.
«Un suolo sano è fondamentale per la produzione mondiale di cibo, ma non prestiamo abbastanza attenzione a questo importante e silenzioso alleato» ha affermato il Direttore Generale della FAO José Graziano da Silva alla vigilia della Giornata Mondiale del Suolo, che si celebra il 5 dicembre di ogni anno.
La FAO stima che il 30% della terra del nostro pianeta non sia adatto alla coltivazione perché inquinato, acidificato, eroso, troppo salino o povero di nutrienti. E i principali indiziati sono naturalmente l’uomo e l’inquinamento da lui provocato.
Anni di pratiche insostenibili di gestione del suolo hanno portato a una situazione esplosiva, tanto che se non verranno adottati approcci più sostenibili, si stima che nel 2050 l’ammontare globale di terreni arabili e produttivi pro capite sarà pari a solo un quarto del livello del 1960 (fonte: FAO, The State of the World’s Land and Water Resources for Food and Agriculture, dicembre 2011).
Eppure c’è sempre più bisogno di cibo, in uno scenario di aumento della popolazione. Secondo alcuni studi della FAO e dell’ONU, la produzione agricola dovrà aumentare del 70% entro il 2050 per poter sfamare 9,1 miliardi di persone.
In uno scenario di questo tipo, la sfida per il futuro passa attraverso la salvaguardia dei terreni e avrà diverse dimensioni: produrre di più per nutrire più bocche, garantire un’alimentazione equilibrata per tutti e rispettare maggiormente l’ambiente.
La salvaguardia del suolo per far fronte alle emergenze del futuro
Uno dei temi più dibattuti negli ultimi anni è stato quello della salvaguardia del suolo in un contesto di cambiamenti climatici irreversibili, di impoverimento delle risorse naturali e di perdita della biodiversità. Inoltre, il biologico permette di valorizzare i prodotti tipici del territorio.
Per far fronte a queste emergenze serve un’agricoltura che consumi meno energia (e lo faccia ricavandola da fonti alternative e non più da combustibili fossili) e meno acqua, che preservi la qualità dell’acqua e del suolo.
Per rispondere a queste necessità emerge chiaro il ruolo degli agricoltori: sono i principali custodi del suolo nel mondo. In Europa e, dunque, anche in Italia.
Sono, infatti, chiamati ad adottare pratiche di coltivazione che puntino alla conservazione del suolo, fonte naturale di ricchezze, che è difficilmente ripristinabile.
Il valore del suolo
Il suolo non è solamente un elemento essenziale del paesaggio, è molto di più: una fonte preziosissima di beni e servizi fondamentali, sia per l’attività agricola che per l’umanità in generale. Si tratta di una risorsa preziosa, che costituisce:
- base della produzione agro-forestale
- riserva del patrimonio genetico
- serbatoio e filtro di acqua
- principale deposito di carbonio delle terre emerse.
Di fatto, permette il ciclo della materia organica e il suo ricircolo, ma per farlo deve essere sano.
Un suolo destinato all’agricoltura, che sia ben utilizzato, è in grado di elargire tutte sue funzioni, assicurando la sua fertilità e permettendo una produzione sostenibile di prodotti agricoli.
L’agricoltura e il benessere del suolo
Il terreno è il primo alleato dell’agricoltore: chi decide di svolgere attività agricola si aspetta di farlo su terreni fertili e in buona salute, al fine di produrre meglio e più facilmente. Perché coltivare un suolo sano è più facile e meno oneroso.
Se è in buona salute, il terreno è in grado di svolgere funzioni essenziali, come la fornitura di elementi minerali, la distribuzione delle risorse idriche e perfino il controllo di organismi ed elementi patogeni in maniera autonoma.
Il suolo e l’alimentazione
Anche il collegamento tra suolo e alimentazione è immediato: alla base della produzione alimentare vi è un suolo fertile e sano. Un buon terreno produce di più, sfruttando meno risorse.
Ancora oggi nel mondo 805 milioni di persone soffrono la fame o la malnutrizione. E la costante crescita della popolazione richiederà un aumento della produzione alimentare fino del 60% (fonte: FAO, dicembre 2014).
Se il suolo fertile disponibile verrà ridotto, non basteranno i progressi della scienza e della tecnologia per soddisfare questa nuova impellente necessità.
Il degrado del suolo
A determinare la fertilità di un terreno è il suo livello di carbonio organico, ma la situazione oggi è drammatica. I terreni agricoli ne risultano poveri, soprattutto nell’area Mediterranea, dove il valore è inferiore in media al 2%, mentre un terzo del suolo mondiale è già in condizioni di degrado.
Partendo dal presupposto che la capacità di un terreno di assorbire notevoli quantità di carbonio si basa su:
- come viene sfruttato e lavorato
- quali destinazioni hanno le produzioni agricole
- quali sono le pratiche agronomiche
- conversione dei pascoli e aree boschive in terre arabili.
Si possono capire facilmente quali siano le cause del degrado del suolo. Cioè, aumento della popolazione e avanzamento della cementificazione (pressione antropica) e inquinamento, agricoltura intensiva, il mancato utilizzo di confezioni sostenibili per l’ambiente.
Tutto questo provoca erosione idrica, salinizzazione, erosione di materiale organico e di nutrienti, acidificazione.
Le stime parlano di mille anni per rigenerare ogni centimetro di suolo degradato se non si cambia impatto sull’ambiente.
Naturalmente il problema non riguarda solo chi si occupa di agricoltura, ma coinvolge tutta la popolazione mondiale, ed è per questo motivo che oggi l’Unione Europea ritiene di fondamentale interesse difendere la fertilità e la qualità dei suoli agrari del ‘vecchio continente’ e fornire un quadro normativo che possa garantirne la tutela.
I dati drammatici forniti dalla Commissione Europea parlano di 115 milioni di ettari in Europa soggetti a erosione idrica, 42 milioni di ettari di suolo soggetti a erosione eolica (l’erosione dovuta all’azione del vento, che è maggiore in terreni non difesi dalla vegetazione).
Pratiche benefiche per il suolo: la politica agricola comune
Da qui nasce la Politica agricola comunitaria per il periodo 2014-2020, la cosiddetta PAC, voluta dagli Stati Membri per aiutare gli agricoltori, custodi di gran parte del suolo coltivabile, a cambiare le loro pratiche.
- conservazione delle biodiversità
- sviluppo delle pratiche di agricoltura biologica e agricoltura biodinamica
- sviluppo delle pratiche per allevamenti biologici
- uso delle energie rinnovabili
- rispetto delle risorse naturali come l’acqua.
In particolare, è necessario che i contadini inizino a gestire in modo più razionale, efficiente e sostenibile i terreni. E per fare questo sono previsti degli strumenti di incentivazione offerti dalla UE a sostegno di pratiche colturali che salvaguardino il suolo, come l’agricoltura biologica.
Le politiche agricole comunitarie puntano alla definizione di precise strategie per non danneggiare l’equilibrio climatico, declinate su macro-temi come:
Queste misure comunitarie a sostegno dell’agricoltura sostenibile rientrano nel PAC e vengono attivate in alcune regioni italiane con fondi destinati agli agricoltori che si impegnano a tutelare il suolo dal fenomeno di erosione o perdita di sostanza organica. Ogni Regione ha le proprie regole a riguardo.
L’agricoltura sostenibile e la salvaguardia del suolo
L’agricoltura sostenibile è «una pratica agricola che si esegue nel rispetto dei criteri di sostenibilità nella produzione agricola e agro-alimentare, privilegiando quei processi naturali che consentono di preservare la risorsa ambiente» e lo fa in antitesi alle pratiche dannose per il suolo e all’uso di sostanze chimiche di sintesi nocive per l’ambiente.
Per questo, i modelli agricoli che mettono in pratica i principi e le tecniche sostenibili, ovvero l’agricoltura biologica e quella biodinamica, forniscono risposte adeguate alle emergenze dell’immediato futuro (salvaguardia del suolo e produzione adeguata al fabbisogno alimentare per una popolazione sempre più numerosa).
Inoltre, l’agricoltura sostenibile non è solo vantaggiosa economicamente per gli agricoltori, ma anche socialmente giusta. Si impegna a raggiungere obiettivi di reddito equo per il lavoro svolto e tutelare la salute degli operatori e del cliente finale.
Tecniche tradizionali per salvaguardare il suolo adottate anche dall’agricoltura biologica e biodinamica
L’agricoltura biologica e biodinamica mettono in campo diverse azioni che arrivano dai saperi tradizionali per conservare il suolo e ottimizzare l’uso dell’acqua piovana, preservando così anche l’ecosistema.
Si tratta di tecniche semplici ed efficaci che puntano soprattutto sul:
- prevenire l’erosione dovuta al deflusso dell’acqua piovana, che deve invece essere trattenuta il più possibile
- preservare la struttura del terreno
- reimpiantare gli alberi
- proteggere l’ambiente.
Ridurre l’erosione del suolo migliora l’infiltrazione dell’acqua nel suolo e aumenta la quantità d’acqua disponibile per le piante. Le misure contro l’erosione sono diverse e molte nascono dalla tradizione, come ad esempio coltivare su terreni scoscesi o colline con dei terrazzamenti permette di ridurre il ruscellamento delle acque piovane dalle alture alla pianura e conservare così gli strati superiori del terreno.
Anche attività tipiche dell’agricoltura biologica come la pacciamatura e bruciare i residui delle colture preservano la struttura del suolo e ne conservano l’umidità naturale. Inoltre, limitano la comparsa di erbe infestanti e riducono gli effetti della pioggia battente sulle pianticelle. Rappresentano anche un’aggiunta di materia organica che arricchisce il suolo durante la sua decomposizione e aiutano a reintrodurre minerali nei campi.
Il ruolo degli alberi in agricoltura e nella conservazione del suolo
Impiantare e reintrodurre gli alberi e le siepi arboree nei campi coltivati protegge le colture dall’azione erosiva del vento, che da un lato porta via le particelle fini del suolo, e dall’altro accelera anche la disidratazione delle piante (l’eccessiva traspirazione le costringe a prelevare più acqua nel suolo).
Infatti, il deterioramento del suolo inizia con l’alterazione della vegetazione: un manto vegetale diradato protegge meno, rendendo il terreno più vulnerabile. E quindi sottoposto all’azione delle precipitazioni e dei venti. Questi fenomeni naturali provocano un cambiamento delle condizioni superficiali del terreno.
Le conseguenze sono: da un lato il calo della fertilità, con diminuzione della capacità di scambio e dei nutrienti disponibili, dall’altro lato un aumento del deflusso e una diminuzione della riserva idrica disponibile per le piante.
Inoltre, il livello di inquinamento tende ad aumentare abbastanza rapidamente di anno in anno. La distruzione degli alberi riduce la capacità di assorbimento di CO2 nell’atmosfera e contribuisce al fenomeno del riscaldamento globale.
Infine, gli alberi giocano un ruolo fondamentale nel ciclo dell’acqua. La diminuzione della temperatura del terreno a basse temperature attira le nuvole. La scomparsa della copertura vegetale invece, tende ad aumentare la temperatura del suolo, è in parte responsabile di questo fenomeno.
Ecco quindi che la riforestazione è una misura inevitabile sia in agricoltura che nell’ambito della conservazione del suolo non agricolo, strettamente interconnessa alla conservazione dell’ecosistema.