Già il termine “educazione alimentare” racchiude in sé una grande verità: si parla di educazione, di un approccio positivo e corretto al cibo, che accompagnerà i nostri bambini per tutta la vita.
È una sfida, prima con noi stessi come adulti che con i nostri bambini. Per me ha richiesto il fatto di mettermi in discussione su tutto, ripercorrere quel pezzo di vita che avevo trascorso dall’essere bambina al diventare un’adulta con un’alimentazione del tutto sregolata.
“Noi siamo quello che mangiamo”, lo sentiamo spesso, ed è una grande verità ma “siamo anche il frutto della nostra famiglia”.
Dicono che gli errori, anche quelli degli altri, ci servono per diventare persone migliori, per rafforzarci e per evitare di commettere gli stessi sbagli. Quando ero in attesa di Andrea ho ripercorso i ricordi della mia infanzia, di come mia mamma a tavola mettesse su di un piatto una fetta di carne, a pranzo e cena, senza verdure. Ho ricordato di come io scendessi al piano inferiore, a casa dei nonni, che mi riempivano di quelle verdure e quella frutta dell’orto di nonno Angelo che mia mamma dava per assodato non mi piacessero.
Mi sono resa conto di come spesso siano i retaggi famigliari a incidere sul nostro modo di educare i nostri figli, anche in tema di alimentazione. Molti adulti partono dal presupposto che ai bambini non piacciano le verdure, e quindi non ci provano nemmeno, non fanno quello sforzo in più per cercare di trovare un compromesso con i propri bambini.
Negli anni si è parlato sempre più dell’importanza dell’educazione alimentare come importante apporto nello stabilire un benessere psicofisico, ho voluto che nel mio caso fossero questi elementi ad incidere positivamente sull’approccio al cibo che volevo trasferire ad Andrea. Ho quindi resettato tutto ciò che mia mamma mi aveva trasferito, privilegiando gli insegnamenti di mia nonna e cercando di aggiornarmi sempre più, imparando anche a cucinare nuovi ingredienti che non avevo mai utilizzato prima. Se volete scoprire nuovi ingredienti, leggete per esempio il nostro articolo su come si mangia l’avocado.
Come trasferire i principi di una buona educazione alimentare ai bambini?
Credo sia fondamentale insegnare ai nostri figli già da bambini ad avere un’alimentazione più ampia possibile facendo in modo che il loro palato si abitui a molti alimenti. Con Andrea abbiamo introdotto le proteine vegetali sin dallo svezzamento, insieme a quelle animali, oltre alle verdure e alla frutta e sin da quel momento ho voluto insegnargli ad aprire i pasti con le verdure crude che succhiava prima di iniziare il pasto.
Questa abitudine gli è rimasta, come un qualcosa di assodato e che fa parte della sua routine alimentare. Inizia ancora oggi i pasti con verdura cruda a cui fa seguire il primo, poi il secondo con altrettante verdure. A pranzo il primo è solitamente pasta o riso (spesso integrali), a cena sono orzo o farro con verdure, minestrone con verdure croccanti piuttosto che passate.
Frutta come merenda a metà pomeriggio, frutta secca, frutti rossi disidratati, barrette di frutta e semi sono le merende da consumare fuori casa.
Per Andrea tutto ciò è molto naturale, quindi non mi capita mai, nemmeno ora che ha 5 anni e mezzo, di dover negoziare durante il pasto o di dover mettere in discussione questo tipo di alimentazione.
Il coinvolgimento di Andrea attraverso il gioco, in quella che è la nostra routine alimentare, è stata a mio avviso una delle modalità con le quali ho ottenuto più risultati. Andrea cucina con me da quando è piccolo, mi aiuta a preparare le verdure e attraverso il tatto e l’olfatto ha imparato sin da piccolo ad entrare in contatto con loro. Mi aiuta a preparare i fagiolini, a preparare i fagioli e i piselli. Facciamo delle torte scegliendo insieme gli ingredienti, così ho modo di spiegargli i principi che mi hanno guidato nello scegliere determinati ingredienti piuttosto di altri.
Facciamo insieme la lista della spesa e andiamo insieme a fare la spesa, un’occasione unica per trasferirgli concetti importanti come quello delle coltivazioni biologiche e della necessità di variare l’alimentazione più possibile.
Andrea è un bambino fortunato perché ha a disposizione un grande orto, quello di nonno Gigi, grazie al quale può comprendere come coltivare la verdura. L’orto è un elemento molto utile per trasferire i concetti legati ai vari tipi di coltivazione e di come esse possano incidere su ciò che mangiamo.
È giusto dare le merendine ai bambini?
Credo che l’essere troppo intransigenti non porti a nulla, Andrea mangia merendine che scegliamo insieme, solitamente sono crostatine magari con farine di Kamut o Farro, sempre biologiche, che consuma due volte la settimana. Scopri per esempio come preparare un delizioso Banana Bread, amato da tutti i bambini.
Oltre a trasferire i principi sulla composizione corretta dei pasti credo che insegnare una buona educazione alimentare ai nostri figli passi attraverso anche altre regole, più ampie ma sono di grande aiuto.
In casa nostra abbiamo stabilito delle regole ben precise che tutti noi rispettiamo:
- Tutti a tavola insieme
- Mangiamo tutti le stesse pietanze concordando insieme il menu
- Niente televisione e giochi in cucina
Tutti a tavola insieme
È una regola fondamentale perché attorno a quel tavolo, ne sono certa, si vive il senso di famiglia come in nessun altro momento. È l’occasione per condividere le esperienze della giornata, per Andrea di confrontarsi con il nostro mondo di adulti, di prendere decisioni insieme e di sentirci uniti. I bambini, lo sappiamo tutti, sono dei grandi osservatori, ci guardano e imparano, ed è a tavola che trasferiamo, attraverso i nostri gesti e il nostro modo di approcciare il cibo, dei concetti importanti sull’educazione alimentare. Se il bambino vede che i genitori seguono le stesse regole a lui impartite, allora i conti tornano. I bambini, ho scoperto con Andrea, sono molto attenti a ciò che diciamo e ciò che facciamo e se fra le due cose non vi è coerenza trovano un varco nel quale poter mettere in discussione i nostri insegnamenti.
Questa casa non è un ristorante
Quante volte ce lo siamo sentiti dire? Concordare il menu insieme rende il bambino più responsabile e quindi lo mette nella posizione di non accampare la scusa che una determinata pietanza a lui non piace. Inoltre iniziamo a trasferirgli le nozioni per imparare a comporre il pasto in maniera corretta, perché l’educazione alimentare non passa solo attraverso la capacità di scegliere gli alimenti giusti.
Niente televisione e niente giochi in cucina
L’importanza di guardare le pietanze che si hanno nel piatto è stato dimostrato anche da uno studio dell’Istituto nazionale giapponese di genetica (Nig) guidato da Akira Muto “La percezione visiva del cibo è legata al comportamento alimentare. Questo è un passo importante per capire come viene regolato l’appetito, sia in condizioni normali, sia nei disturbi alimentari”.
I bambini sia durante lo svezzamento che nei primi anni di vita hanno un rapporto con il cibo un po’ particolare. Sporcano ovunque e voglio toccare con le mani il cibo, per noi genitori è qualcosa di impensabile e quindi gli teniamo le mani, li imbocchiamo con cucchiai e forchette, non gli lasciamo libertà di azione.
Vi siete mai soffermati a pensare che se tutti i bambini del mondo, di qualsiasi cultura di appartenenza, sviluppano le medesime dinamiche, sia perché per loro è una necessità, un modo unico per poter apprendere?
È fondamentale, all’interno di un percorso di educazione alimentare, che il bambino non si senta giudicato, che possa, sin da piccolo, toccare il cibo per conoscerlo, per sentirsi a proprio agio e potersi approcciare poi in maniera serena all’uso delle posate.
Quanta fretta ma dove vai?
Noi genitori siamo sempre di corsa, abbiamo poco tempo anche per stare a tavola, invece masticare lentamente ha dei benefici importanti, cerchiamo quindi di non trasferire la nostra “fretta” ai nostri bambini e di dedicare a loro tutto il tempo necessario affinché, con tutta calma, possano terminare il proprio pasto.